Personalmente ho ricevuto tanto dai medici, in special modo dal mio medico di base.
Se anche solo un poco riuscirò a ricambiare il bene che ho ricevuto,
io sarò soddisfatta ed avrò raggiunto il mio scopo.
Questa è la storia di Meditel. E per raccontarvela devo inevitabilmente parlare della mia vita e di me. Ci ho messo qualche mese per elaborare e rivedere tutti i fatti, i punti salienti, di questo percorso lungo diciotto anni.
Ora di anni ne ho 38 e mi è facile guardare indietro, capire cosa mi stava accadendo, il perché di certe scelte, come mi sono venute certe idee, l‘origine di certe emozioni.
L’idea di Meditel è maturata nel corso degli anni ma si origina proprio mentre stavo attraversando uno dei momenti più difficili della mia vita. La mia famiglia si era sfasciata a seguito della separazione dei miei genitori. E come avviene nei casi più complicati, anche nel mio caso tutte le relazioni parentali erano state compromesse. Genitori, sorelle, zii, nonni, erano tutti alla ricerca di nuovo equilibrio, e nessuno aveva tempo e capacità per occuparsi di me, proprio nel momento in cui mi affacciavo al mondo degli adulti, mi venivano a mancare le mie certezze.Il mio dottore era rimasto per me l’unico punto di riferimento Spesso di notte facevo un sogno ricorrente e nel sogno mi sentivo senza gambe. Tagliate completamente, una sensazione terrificante, mi svegliavo piangendo. Avevo 20 anni e per quanto possa sembrare ora esagerato, il mio dottore era rimasto per me l’unico punto di riferimento. Una persona che mi conosceva bene, familiare, che sapeva cosa stessimo vivendo e che rimaneva sempre neutro.
Mai una volta che mi abbia detto “non posso” o sia stato scortese.
Mai una volta che non mi abbia riservato tutta l’attenzione di cui avevo bisogno.
Quest’ultima cosa in particolare mi sorprendeva di lui. Si ricordava sempre cosa mi avesse prescritto la volta precedente, cosa avessi avuto, mi chiedeva sempre come stessi.
Io invece non riuscivo nemmeno a ricordarmi in che orari ricevesse.
Lo so, è imbarazzante, non li ricordo nemmeno ora. Ma telefonargli per chiedergli se era di turno mi faceva veramente sentire a disagio. Mi chiedevo perché ad una domanda del genere avrebbe dovuto rispondere lui, magari mentre stava visitando o mentre era in casa di riposo. E mi dicevo “chissà quanti pazienti erano come me o anche peggio!”. Iniziando a farci caso ho sentito da altri pazienti frasi scortesi, ricordo l’imbarazzo che ho provato.Telefonargli per chiedergli se era di turno mi faceva veramente sentire a disagio
Identificarmi nei problemi che lui doveva gestire è stato naturale. Mi ricordo di me mentre fantasticavo, è così che è nato tutto. Ero certa che gli servisse un aiuto per gestire le telefonate, i messaggi e le ricette. Certamente anche lui ne era consapevole. Lui non aveva una segretaria, e sua moglie è lei stessa medico. E, anche volendo, nell’ambulatorio mancava lo spazio per ospitare una persona che aiutasse..
Una cosa ho di mio, di carattere: mi gratifica essere utile al prossimo. Non ambisco a salvare vite o essere determinante in decisioni importanti per avere una bella immagine di me. Mi impressiona il sangue e mi imbarazzo in mezzo a tanta gente. Anche stare dietro le quinte e aiutare chi va in scena mi gratifica. Sono servizievole di natura. Sento nelle mie corde lavori come cameriera, colf, segretaria, umili e per persone poco ambiziose. A casa, con gli amici, al lavoro, mi sento a mio agio nell’ essere utile agli altri nelle cose più semplici, per dettagli banali.
A casa, con gli amici, al lavoro, mi sento a mio agio nell’ essere utile agli altri nelle cose più semplici
Un bicchiere d’acqua alla temperatura giusta, una cartolina di auguri, una cena con gli ingredienti preferiti dagli ospiti, una parola quando noto che qualcosa non va. Dettagli, semplici attenzioni, che a me danno infinita gioia nel poterli esprimere. Mi sento proprio l’animo da segretaria, quella ragazza semplice che, all’ombra di tutto e tutti, si occupa di tutto quel che serve affinché la persona per la quale lavora ottenga successo e realizzi la sua missione.
Lavoravo da qualche anno in un call center.
E’ naturale riportare in ambito lavorativo le esperienze della vita: immaginare di risolvere i problemi che vedevo nell’ambulatorio del mio dottore utilizzando il call center lo è stato.
Intuii un sistema che permettesse al medico e alla segretaria di sentirsi vicini, gomito a gomito, anche dove non era fisicamente possibile.
Nel 2003 l’idea era maturata, e dopo averla scritta l’ho riposta nel cassetto attendendo il momento giusto per poterla realizzare. Ciò che stava scritto è che avrei realizzato un servizio di call center con personale specializzato nella gestione dei pazienti e finalizzato ad aiutare i medici nel loro ambulatorio, per vivere meglio e regalare loro più serenità mentre visitano e migliorando la loro vita.
Nel 2005 finalmente iniziai a concretizzarla. Non avevo più dubbi. Volevo un’agenda web interattiva, un gruppo di persone specializzate che condividessero il mio modo di intendere il servizio.
La tecnologia ha fatto il resto.
Volevo un’agenda web interattiva, un gruppo di persone specializzate che condividessero il mio modo di intendere il servizio. La tecnologia ha fatto il resto.Ho scelto il nome, ho realizzato il primo logo con la matita , non appena il software è stato realizzato sono andata in prima persona dai medici a proporre la mia soluzione. Il mio medico è stato un mio cliente e con lui anche altri suoi colleghi.
Lui non sa di avermi dato l’ispirazione.
Oggi so che posso aiutare il prossimo facendo ciò che mi piace fare.
So di avere un posto nella società, so che siamo tutti utili per uno scopo comune: vivere tutti e vivere bene. Ringrazio le persone che mi hanno ispirato, chi mi ha aiutato, chi ha creduto in me. Ringrazio anche chi non mi ha creduto, perché tutti mi hanno dato qualcosa che mi ha reso quella che sono, più consapevole e felice, in continua trasformazione.
Luisa Arzenton, Dicembre 2015
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